mercoledì 25 gennaio 2012

Scrigni di valori - Amicizia

Apriamo il primo scrigno di valori per scoprire cosa contiene. Iniziamo con qualcosa di semplice e immediato, ma credo conosciuto da pochi. Un testo che ci presenta in modo diretto, senza giri di parole, il valore dell'amicizia. Clive Staples Lewis, scrittore e filologo inglese, è stato per anni docente all'Università di Oxford. Il suo successo più grande e conosciuto è certamente Le Cronache di Narnia.

Qui di seguito puoi leggere invece un testo estratto da:
I quattro amori. Affetto, amicizia, eros, carità.
C. S. Lewis, Jaka Book, 2009, pagine 128, euro 14

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Al contrario, sono pochi i moderni che conferiscono un certo valore all'amicizia, per non dire poi di quanti a volte giungono addirittura a negarle la qualifica di affetto. (...)
Per gli antichi l'amicizia era il più felice e il più completo degli affetti umani, coronamento della vita, e scuola di virtù. Il mondo moderno, in confronto, l'ignora. Ovviamente, chiunque è disposto ad ammettere che un uomo, oltre che di una moglie e di una famiglia, ha bisogno anche di "qualche amico"; ma il tono stesso di quest'ammissione e il tipo di conoscenze che vengono poi definite "amicizie" mostrano chiaramente che ciò cui si fa riferimento ha ben poco a che vedere con la philia che Aristotele classificava tra le virtù, o con quell'amicitia sulla quale Cicerone scrisse un trattato. È un fattore del tutto marginale; non è la portata principale nel banchetto della vita, ma semplicemente uno tra i tanti contorni: è qualcosa che serve a riempire i momenti vuoti del nostro tempo. Come siamo arrivati a questo punto?

La risposta ovvia e immediata è che pochi tengono in giusta considerazione l'amicizia perché pochi ne fanno esperienza; e il motivo per cui può accadere che qualcuno percorra il cammino della vita senza incontrare mai l'amicizia è radicato nella qualità intrinseca che separa così nettamente l'amicizia dagli altri affetti naturali. L'amicizia è - ma non in senso peggiorativo - il meno naturale degli affetti, il meno istintivo, organico, biologico, gregario e indispensabile. Qui i nostri nervi c'entrano ben poco; in questo sentimento non c'è nulla di tenebroso: nulla che faccia accelerare il polso, o arrossire, o sbiancare. È semplicemente un rapporto che si stabilisce tra individui. Quando due persone diventano amiche, significa che esse si sono allontanate, insieme, dal gregge. Senza l'eros nessuno di noi sarebbe stato generato, e senza l'affetto nessuno di noi avrebbe ricevuto un'educazione; al contrario, si può vivere e riprodursi anche senza l'amicizia. Essa, da un punto di vista biologico, non è affatto indispensabile per la specie. Il branco, il gregge, la comunità, possono persino nutrire, nei suoi riguardi, avversione e sfiducia, e ancor più facilmente i suoi capi: presidi, superiori di di comunità religiose, colonnelli e capitani di vascello, possono disapprovare il formarsi di autentiche e profonde amicizia che dividono i loro sottoposti in piccoli gruppi.

Questa qualità, per così dire, "innaturale" dell'amicizia costituisce un'ottima spiegazione al fatto che essa fu esaltata in epoca antica e medievale, ma è tenuta in poca considerazione ai giorni nostri. (...)

Unica tra tutti gli affetti, essa sembra innalzare l'uomo al livello degli dei, o degli angeli. (...)

L'amicizia nasce dal semplice cameratismo quando due o più compagni scoprono di avere un'idea, un interesse o anche soltanto un gusto, che gli altri non condividono e che, fino a quel momento, ciascuno di loro considerava un suo esclusivo tesoro (o fardello). La frase con cui di solito comincia un'amicizia è qualcosa di questo genere: "Come? Anche tu? Credevo di essere l'unico...". Possiamo immaginare che tra quei primi cacciatori, o guerrieri, alcuni individui isolati - uno ogni secolo, uno ogni mille anni? - abbiano visto quello che gli altri non vedevano: che il cervo, oltre che commestibile, era bello, che la caccia era sì necessaria, ma anche divertente; individui che sognavano che i loro dei fossero, oltre che potenti, santi. Ma fintanto che queste persone dotate di una speciale percettività morivano senza aver trovato un'anima gemella, tutto questo - temo - rimaneva senza frutto, e da ciò non scaturiva né arte, né sport, né religione spiritualistica. 
Quando, invece, due persone di questo tipo si scoprono a vicenda, quando tra immense difficoltà o, all'opposto, con una velocità ellittica che a noi pare sorprendente, essi condividono la stessa visione, è allora che nasce l'amicizia. E, immediatamente, esse si ritrovano sole in un'immensa solitudine.

Agli innamorati piace stare da soli. Gli amici trovano intorno a sé questa solitudine, questa barriera che li separa dal resto della massa, che lo vogliano, o no. Sarebbero anzi lieti di rimuoverla, e lieti di trovare un terzo che si unisse a loro.

Ai giorni nostri l'amicizia nasce allo stesso modo. Per noi sarà più difficile, è ovvio, che le attività che potremmo condividere - e quindi il cameratismo su cui si innesterà l'amicizia - abbiano un carattere fisico e materiale, come nel caso della caccia e del combattimento. Potrà trattarsi di una religione comune, di studi comuni, di una professione comune, persino di un divertimento comune. Chiunque lo divida con noi sarà nostro compagno; ma soltanto uno o due o tre persone che, oltre a questo, avranno anche qualche altra cosa in comune con noi saranno nostri amici.

In questo tipo di affetto - come disse Emerson - "Mi vuoi bene?" significa "Vedi la stessa verità?" o, per lo meno, hai a cuore la stessa verità? Chi concorda con noi sul fatto che una certa questione, dagli altri considerata secondaria, è invece della massima importanza, potrà essere nostro amico. Non è necessario, invece, che egli sia d'accordo sulla risposta da dare al problema.

Noterete, dunque, come l'amicizia ripeta, a un livello più personale e meno condizionato dal punto di vista sociale, i caratteri di quel cameratismo che era stato la sua matrice. Quel rapporto cameratesco legava persone che facevano qualcosa insieme: cacciare, studiare, dipingere, o qualunque altra attività. Anche gli amici fanno qualcosa insieme, ma si tratta di qualcosa di più intimo, di meno facilmente definibile, condiviso da meno persone: si tratterà sempre di cacciatori, ma di una selvaggina incorporea; sempre di collaboratori, ma in un lavoro di cui il mondo non coglie, o ancora non coglie, l'importanza; sempre di compagni di viaggio, ma di un genere di viaggio diverso. Per questo ci figuriamo gli innamorati faccia a faccia, ma gli amici fianco a fianco; i loro occhi sono rivolti in avanti.

Ecco perché quei patetici personaggi sempre "a caccia di amici" non riescono mai a trovarne. Si può arrivare ad avere degli amici soltanto a patto che si desideri qualcos'altro, oltre agli amici. Se la risposta sincera alla domanda: "Vedi la stessa verità?" fosse: "non vedo niente e non mi interessa niente; voglio soltanto un amico", allora non potrà nascere alcuna amicizia - anche se potrà nascere affetto. Non ci sarebbe niente per cui essere amici, e l'amicizia deve avere un oggetto, fosse anche solo una passione per il domino o per i topolini bianchi. Chi non possiede nulla non può dividere nulla; chi non sta andando da nessuna parte non può avere compagni di viaggio.

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Qui terminiamo con il testo di Lewis. Che ne dici? Tu hai avuto esperienza di questo genere di amicizia? Credi di poter dire di possedere e avere gli occhi rivolti a questo stupendo valore?


Ti è piaciuto aprire e scoprire insieme questo primo scrigno? Vuoi collaborare con il progetto Scrigni di valori per diffondere una corrente positiva di valori attraverso i libri? Allora leggi la presentazione di Scrigni di valori qui.

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