Oggi è la Giornata nazionale degli stati vegetativi. A Roma si sta svolgendo il convegno "Stati vegetativi e di minima coscienza in Italia: epidemiologia, ricerca, assistenza", dove verranno presentati gli importanti risultati della ricerca sviluppata dalla Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano in collaborazione con l'Università Cattolica del Sacro Cuore.
Perché parlare di questo tema e darne spazio in un blog di giovani? Le situazioni di stato vegetativo cosa possono interessare ad un giovane? La risposta è semplice e tragica: i giovani sono coinvolti in questa situazione in modo diretto. Molti pazienti in stato vegetativo o di minima coscienza sono giovani, ragazzi e ragazze che hanno subito dei traumi, degli incidenti e rimangono in un letto per un lungo e indeterminato periodo della loro vita.
Forse anche tu hai o hai avuto un amico in questa situazione... forse lo avrai...
Ecco perché è importante parlarne, affrontare l'argomento tra noi giovani. Dirci gli uni gli altri che queste situazioni, purtroppo, posso coinvolgere anche ragazzi e ragazze, anzi molto spesso sono i più colpiti.
Se è vero che ci sono diversi giovani che si trovano in queste situazioni, è bene che ogni giovane se ne renda conto e approfondisca l'argomento.
Quanti di noi si sono trovati a parlare di questo argomento, quando, nei giornali e nei telegiornali, imperversava la vicenda di Eluana? Molte volte si "analizzano" questi casi secondo una scelta sentimentale, emotiva, una scelta di opinioni: secondo me sono vivi, secondo me sono morti, secondo me è una vita degna di essere vissuta, secondo me nessuno dovrebbe vivere in una situazione del genere. Ma possiamo realmente continuare a usare i "secondo me" quando siamo di fronte alla vita di altre persone?
Quello che ci dovrebbe ricordare il caso Eluana Englaro e questa Giornata Nazionale degli stati vegetativi è il fatto che non dovremmo mai smettere di confrontarci su questi temi, non dovremmo rinunciare al dibattito e alla ricerca, non dovremmo mai smettere di informarci sul tema e sul lavoro fatto da molteplici figure in questo campo. Potremmo scoprire un mondo nuovo e affascinante e rivalutare la nostra posizione, o meglio, formarci una coscienza (e non a caso scelgo questo termine) più consapevole sul tema.
Per darti qualche dato (spero poi di poter avere e condividere anche con te i risultati presentati oggi a Roma), già nel 2006 il Cambridge Impaired Consciousness Group aveva dimostrato l'esistenza di una certa coscienza nei pazienti in stato vegetativo grazie alla neuroimaging funzionale. Nel 2009, sempre da Cambridge, questa volta da uno studio coordinato dall'Università di Cambridge e pubblicato su Nature Neuroscience, è arrivata la dimostrazione che esiste una sorta di apprendimento nei pazienti in stato vegetativo e di minima coscienza, grazie al metodo conosciutissimo di condizionamento di Pavlov. Questo è stato il primo studio che ha valutato l'apprendimento in questi casi e il risultato è stato positivo.
Da lì molti altri studi si sono susseguiti nel tempo e negli ultimi due anni si sono intensificate le ricerche in questo campo ed è cresciuto l'interesse dei ricercatori per capire l'universo misterioso racchiuso in queste situazioni. Certamente la comunità scientifica e l'opinione pubblica è stata smossa da un articolo di Celeste Biever. Grande scalpore ha riscosso, infatti, l'articolo del New Scientist del luglio 2009, che denunciava il fatto che più del 40% dei pazienti avevano ricevuto una diagnosi errata con la scioccante frase: "Se c'è una cosa peggiore del coma, è quando gli altri pensano tu sia in coma ma non è vero".
Il lavoro pubblicato, sempre nel 2009, sul BMC Neurology, grazie al gruppo di ricerca del New Jersey Neuroscience Institute e del Coma Science Group, ha dimostrato che la valutazione clinica tradizionale non basta per fare una diagnosi corretta nei casi di stato vegetativo e di minima coscienza. La nuova scala di valutazione (Coma Recovery Scale-Revisited) ha cambiato in un sol colpo la vita di queste persone e dei loro famigliari, dando nuova speranza e nuove possibilità di riabilitazione e cura.
Per fare un ultimo esempio, probabilmente poco conosciuto, speranza e nuove possibilità potrebbero venire dalla stimolazione cerebrale profonda che è stata avviata da qualche tempo al Policlinico San Matteo di Pavia, oltre che in Giappone, Francia, Stati Uniti...
Non dimentichiamo che piccoli passi posso permetterci di fare un passo da gigante e la medicina e la scienza funziona così: piccoli passi che alla fine cambiano la vita delle persone. Dobbiamo solo dare la possibilità ai ricercatori e ai pazienti di compiere questi passi... dare tempo...
Diverse sono le associazioni che hanno contribuito alla realizzazione di questo libro: Associazioni riunite per il Trauma Cranico e Gravi Cerebrolesioni Acquisite, Federazione Nazionale Associazioni Trauma Cranico e Vita Vegetativa.
È un testo importante per chi vuole davvero capire il tema degli stati vegetativi e dei casi di minima coscienza; è alla portata di tutti, perché tratta l'argomento in maniera abbastanza semplice e prende in considerazione un punto di vista che molte volte le ricerche scientifiche, gli articoli medici che analizzano questi casi tralasciano: il punto di vista dei famigliari.
È da questo, infatti, che il Libro Bianco parte. “Tutti coloro che hanno un familiare colpito da una grave cerebrolesione acquisita si trovano in una situazione difficile da affrontare. La loro vita viene completamente stravolta da problemi di diversa natura: Emozionali, Sociali, Economici, Burocratici”.
Una delle prime domande che si trovano in questo testo è: "Chi è la persona in Stato Vegetativo (SV) o di Minima Coscienza (SMC)?", una domanda importante, perché utilizza il termine persona. Un termine giusto, perché di questo si tratta. I pazienti in Stato Vegetativo o in condizioni di Minima Coscienza non sono cadaveri, sono persone. Persone che vivono una vita particolare, che vivono in un modo speciale. Ma vivono, vivono come viviamo noi, come vivo io, come vivi tu... ognuno con la propria vita.
Sembrano imprigionati in un corpo che non lascia libertà... e come si può concepire una libertà dove non ci si può esprimere? Come poter concepire oggi una vita che non dà risultati? Una persona che non produce?
Sono certo che dobbiamo continuare a porci domande come queste; non dobbiamo avere paura di trovarci in quella situazione tragica nella quale non riusciamo a capire, non riusciamo a comprendere le ragioni di una vita così. Dobbiamo cercare il confronto e continuare ad informarci in temi come questi che riguardano noi giovani più di tanti altri. Non dimentichiamocelo e non dimentichiamo che i giovani che si trovano in questo stato non sono morti (non confondiamo questi casi con i casi di morte cerebrale).
Un giovane che vive in una situazione del genere, può essere realmente descritto come segue:
"una situazione personale clinica stabile, con funzioni vitali autonome: dorme e si sveglia con ritmi regolari, respira da sola, non è attaccata a nessuna macchina, ha una sua attività cerebrale. Talvolta riesce anche a deglutire, ma con difficoltà e lentezza, per cui spesso si preferisce nutrirla con sondino naso-gastrico, o con la PEG (Percutanea Enterogastrostomia). Queste persone non sono in uno stato “terminale”, e anzi possono lentamente migliorare e, se accudite con attenzione, vivere a lungo".
Cerchiamo di capire il valore dell'informazione, della conoscenza e della ricerca che uniti a quello dell'accoglienza, della generosità, dell'accompagnamento e del prendersi cura può far vivere a lungo!
Grazie per quest'interessante post, l'ho segnalato sul mio blog al quale faccio riferimento per coloro che volessero approfondire i recentissimi dati scientifici sugli stati vegetativi e di minima coscienza:
RispondiEliminahttp://acarrara.blogspot.com/
Buon lavoro!