mercoledì 30 maggio 2012

Tutto è competizione!


Molte volte oggi assistiamo all'instaurarsi di alcuni dogmi sociali e culturali che si impongono nella gente, soprattutto nei giovani, attraverso il pensiero di alcuni. Uno di questi si può tradurre con queste tre parole "Tutto è competizione!".

In questi giorni, i vari episodi drammatici che sono avvenuti nella nostra Italia, ci possono far riflettere su cosa ci sia di vero in questo moderno imperativo: "Tutto è competizione!".

Il ragionamento è molto ampio e molto complesso, c'è chi ci dice ogni giorno che dobbiamo lottare tra uomini per ogni cosa; per tutto dobbiamo competere (per un tetto, per il pranzo e la cena, per la carriera, per la famiglia, per i figli, per riprodurci...). Competere, lottare, usare la forza per sopravvivere!

È naturale pensare questo, "fa parte della nostra natura", dicono in molti. Dopotutto, gli animali sembrano comportarsi così, la legge della savana è questa "corri per non essere mangiato", "mangia senza essere mangiato", "lotta per conquistarti un ambiente adatto", "crea alleanze per poter vivere".

Semplice, chiaro e visibile. Allora che fare?
Ancora più facile. Trasportare il tutto all'uomo. A noi.

Le guerre, le lotte lungo i secoli, i soprusi dei più forti sui più deboli, non sono allora cose malvagie, ma assumono un diverso e più chiaro significato: quello di dover sopravvivere. Seguono la legge del "Tutto è competizione!".

Si può andare anche oltre, non solo è normale e naturale l'imposizione dei più forti, dei più astuti, dei più meschini, dei più violenti, ma il tutto non può e non deve essere condannabile. Obbediamo, come tutti gli altri esseri viventi, alle leggi dei nostri geni. Non a caso alcuni biologi parlano di "gene egoista" (Edward O. Wilson è diventano famoso per il suo libro proprio così intitolato). Gli egoisti non sono allora gli uomini, semmai i geni, il nostro DNA. Ma chi darebbe davvero dell'egoista a delle molecole? Nessuno. Allora? La conclusione più ovvia è che non si possa parlare di etica, di morale, di bene o male. 

Secondo questa legge, questo dogma moderno del "Tutto è competizione!" sopravvivono solo i "cattivi", che  però non possiamo più chiamare così, perché non possiamo catalogarli secondo un bene o un male. Tutte queste definizioni spariranno, perché stiamo capendo che siamo sottomessi alla natura, siamo completamente determinati e non possiamo agire in altro modo. Vincono i più forti, i violenti, i crudeli, quelli che mentono per sopravvivere, quelli che lottano, che fanno gli sgambetti per portare più dindini a casa e riescono così a sfamare meglio la famiglia, quelli che concorrono con ogni mezzo (non importa se giusto o sleale... questa distinzione non varrà più). 

Bisogna affermare se stessi a tutti i costi, ogni uomo se vuole sopravvivere deve imporsi. Solo così potrà portare avanti i suoi geni e la sua discendenza.

Sono certo che riprenderò questo argomento, perché mi sembra così attuale e così importante, che non potrò fare a meno di riconsiderarlo. Per il momento passiamo ad una prima conclusione. Cerchiamo di stravolgere tutto questo e cerchiamo di vedere davvero, di vedere in profondità.

In tante occasioni ci sembra che tutto questo ragionamento, che il "Tutto è competizione!" debba essere una verità assoluta. Il mondo di oggi "ragiona" così (qualcuno direbbe che è sempre stato così, ma ce ne stiamo accorgendo solo ora, grazie alla scienza e al progresso), ci guardiamo attorno e apparentemente scorgiamo persone che lottano per essere i migliori, che concorrono slealmente al lavoro, che usano mezzi non leciti per vincere (partite, appalti, finanziamenti...). Questa è la legge che ci governa e ci sovrasta. È così attuale e reale tutto questo!

Eppure, ogni volta, l’uomo viola queste leggi imposte, proprio perché non si ferma alla soglia dell’animale, ma la oltrepassa e la aggira. Supera queste "regole" e facendosi beffa delle “forze dei geni” stupisce il cosmo con nuovi comportamenti che vanno contro ogni logica e ad ogni forza primordiale.

Anche nelle guerre e nelle carestie, quando l’uomo dovrebbe avvicinarsi di più alle bestie, riusciamo a stupire l’universo intero per la nostra straordinarietà, arrivando ad essere più crudeli e sadici di qualsiasi bestia (che risponde semplicemente ad un istinto), ma, dall’altra parte, in uno slancio che lascia tutti a bocca aperta, arriviamo ad aiutare gli altri, in alcuni casi perfino il nostro stesso nemico. E di queste storie ce ne sono diverse. Storie affascinanti, storie che presentano un uomo diverso dalla logica competitiva.

In questi giorni ce ne siamo tutti resi conto. Ripensando alla bomba di Brindisi ci viene di certo alla mente la giovane sedicenne uccisa, ma non la pensiamo come la debole sconfitta dal più forte che potrà trasmettere i propri geni. Questa debolezza, in effetti, è stata trasformata in una grande forza. Un corteo per la libertà! 3 mila persone hanno trasformato questa "debolezza", in una potenza contagiante, in un bene unitivo. Ancora una volta l'uomo è riuscito a stupire se stesso e l'universo!

Lo stesso accade proprio sotto gli occhi di tutti in queste ore, dopo l'ennesima scossa nella Pianura Padana. Certo, qualcuno si approfitterà anche di questa triste situazione, ma non ti sembra prevalgano i valori positivi, piuttosto della competizione vigliacca? 

Non ti sembra che proprio in queste situazioni la capacità dell'uomo di stravolgere le leggi, venga esaltata in un modo incredibile e la legge del "Tutto è competizione!" venga annientata e schiacciata sotto le pietre del coraggio, della libertà, della generosità, della condivisione, della giustizia, dell'amore, dell'amicizia...?


Non si capirebbe sennò, perché tante persone vogliono fare il bene e si sentono in maniera straordinaria quando riescono a farlo. 

Siamo proprio sicuri che la forza primordiale che ci fa andare avanti, che ci fa sopravvivere sia quella del "più forte"? Siamo davvero disposti a credere che siamo figli di meschini, violenti, imbroglioni e approfittatori? Già, perché chi afferma e sostiene la legge del "Tutto è competizione!" e vive in quest'ottica, non può affermare qualcosa di diverso.

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