Apriamo il primo scrigno di valori per scoprire cosa contiene. Iniziamo con qualcosa di semplice e immediato, ma credo conosciuto da pochi. Un testo che ci presenta in modo diretto, senza giri di parole, il valore dell'amicizia. Clive Staples Lewis, scrittore e filologo inglese, è stato per anni docente all'Università di Oxford. Il suo successo più grande e conosciuto è certamente Le Cronache di Narnia.
Qui di seguito puoi leggere invece un testo estratto da:
I quattro amori. Affetto, amicizia, eros, carità.
C. S. Lewis, Jaka Book, 2009, pagine 128, euro 14
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Al contrario, sono pochi i moderni che conferiscono un certo valore all'amicizia, per non dire poi di quanti a volte giungono addirittura a negarle la qualifica di affetto. (...)
Per gli antichi l'amicizia era il più felice e il più completo degli affetti umani, coronamento della vita, e scuola di virtù. Il mondo moderno, in confronto, l'ignora. Ovviamente, chiunque è disposto ad ammettere che un uomo, oltre che di una moglie e di una famiglia, ha bisogno anche di "qualche amico"; ma il tono stesso di quest'ammissione e il tipo di conoscenze che vengono poi definite "amicizie" mostrano chiaramente che ciò cui si fa riferimento ha ben poco a che vedere con la philia che Aristotele classificava tra le virtù, o con quell'amicitia sulla quale Cicerone scrisse un trattato. È un fattore del tutto marginale; non è la portata principale nel banchetto della vita, ma semplicemente uno tra i tanti contorni: è qualcosa che serve a riempire i momenti vuoti del nostro tempo. Come siamo arrivati a questo punto?
La risposta ovvia e immediata è che pochi tengono in giusta considerazione l'amicizia perché pochi ne fanno esperienza; e il motivo per cui può accadere che qualcuno percorra il cammino della vita senza incontrare mai l'amicizia è radicato nella qualità intrinseca che separa così nettamente l'amicizia dagli altri affetti naturali. L'amicizia è - ma non in senso peggiorativo - il meno naturale degli affetti, il meno istintivo, organico, biologico, gregario e indispensabile. Qui i nostri nervi c'entrano ben poco; in questo sentimento non c'è nulla di tenebroso: nulla che faccia accelerare il polso, o arrossire, o sbiancare. È semplicemente un rapporto che si stabilisce tra individui. Quando due persone diventano amiche, significa che esse si sono allontanate, insieme, dal gregge. Senza l'eros nessuno di noi sarebbe stato generato, e senza l'affetto nessuno di noi avrebbe ricevuto un'educazione; al contrario, si può vivere e riprodursi anche senza l'amicizia. Essa, da un punto di vista biologico, non è affatto indispensabile per la specie. Il branco, il gregge, la comunità, possono persino nutrire, nei suoi riguardi, avversione e sfiducia, e ancor più facilmente i suoi capi: presidi, superiori di di comunità religiose, colonnelli e capitani di vascello, possono disapprovare il formarsi di autentiche e profonde amicizia che dividono i loro sottoposti in piccoli gruppi.
Questa qualità, per così dire, "innaturale" dell'amicizia costituisce un'ottima spiegazione al fatto che essa fu esaltata in epoca antica e medievale, ma è tenuta in poca considerazione ai giorni nostri. (...)
Questa qualità, per così dire, "innaturale" dell'amicizia costituisce un'ottima spiegazione al fatto che essa fu esaltata in epoca antica e medievale, ma è tenuta in poca considerazione ai giorni nostri. (...)
Unica tra tutti gli affetti, essa sembra innalzare l'uomo al livello degli dei, o degli angeli. (...)
L'amicizia nasce dal semplice cameratismo quando due o più compagni scoprono di avere un'idea, un interesse o anche soltanto un gusto, che gli altri non condividono e che, fino a quel momento, ciascuno di loro considerava un suo esclusivo tesoro (o fardello). La frase con cui di solito comincia un'amicizia è qualcosa di questo genere: "Come? Anche tu? Credevo di essere l'unico...". Possiamo immaginare che tra quei primi cacciatori, o guerrieri, alcuni individui isolati - uno ogni secolo, uno ogni mille anni? - abbiano visto quello che gli altri non vedevano: che il cervo, oltre che commestibile, era bello, che la caccia era sì necessaria, ma anche divertente; individui che sognavano che i loro dei fossero, oltre che potenti, santi. Ma fintanto che queste persone dotate di una speciale percettività morivano senza aver trovato un'anima gemella, tutto questo - temo - rimaneva senza frutto, e da ciò non scaturiva né arte, né sport, né religione spiritualistica.
Quando, invece, due persone di questo tipo si scoprono a vicenda, quando tra immense difficoltà o, all'opposto, con una velocità ellittica che a noi pare sorprendente, essi condividono la stessa visione, è allora che nasce l'amicizia. E, immediatamente, esse si ritrovano sole in un'immensa solitudine.
Agli innamorati piace stare da soli. Gli amici trovano intorno a sé questa solitudine, questa barriera che li separa dal resto della massa, che lo vogliano, o no. Sarebbero anzi lieti di rimuoverla, e lieti di trovare un terzo che si unisse a loro.
Ai giorni nostri l'amicizia nasce allo stesso modo. Per noi sarà più difficile, è ovvio, che le attività che potremmo condividere - e quindi il cameratismo su cui si innesterà l'amicizia - abbiano un carattere fisico e materiale, come nel caso della caccia e del combattimento. Potrà trattarsi di una religione comune, di studi comuni, di una professione comune, persino di un divertimento comune. Chiunque lo divida con noi sarà nostro compagno; ma soltanto uno o due o tre persone che, oltre a questo, avranno anche qualche altra cosa in comune con noi saranno nostri amici.
In questo tipo di affetto - come disse Emerson - "Mi vuoi bene?" significa "Vedi la stessa verità?" o, per lo meno, hai a cuore la stessa verità? Chi concorda con noi sul fatto che una certa questione, dagli altri considerata secondaria, è invece della massima importanza, potrà essere nostro amico. Non è necessario, invece, che egli sia d'accordo sulla risposta da dare al problema.
Noterete, dunque, come l'amicizia ripeta, a un livello più personale e meno condizionato dal punto di vista sociale, i caratteri di quel cameratismo che era stato la sua matrice. Quel rapporto cameratesco legava persone che facevano qualcosa insieme: cacciare, studiare, dipingere, o qualunque altra attività. Anche gli amici fanno qualcosa insieme, ma si tratta di qualcosa di più intimo, di meno facilmente definibile, condiviso da meno persone: si tratterà sempre di cacciatori, ma di una selvaggina incorporea; sempre di collaboratori, ma in un lavoro di cui il mondo non coglie, o ancora non coglie, l'importanza; sempre di compagni di viaggio, ma di un genere di viaggio diverso. Per questo ci figuriamo gli innamorati faccia a faccia, ma gli amici fianco a fianco; i loro occhi sono rivolti in avanti.
Ecco perché quei patetici personaggi sempre "a caccia di amici" non riescono mai a trovarne. Si può arrivare ad avere degli amici soltanto a patto che si desideri qualcos'altro, oltre agli amici. Se la risposta sincera alla domanda: "Vedi la stessa verità?" fosse: "non vedo niente e non mi interessa niente; voglio soltanto un amico", allora non potrà nascere alcuna amicizia - anche se potrà nascere affetto. Non ci sarebbe niente per cui essere amici, e l'amicizia deve avere un oggetto, fosse anche solo una passione per il domino o per i topolini bianchi. Chi non possiede nulla non può dividere nulla; chi non sta andando da nessuna parte non può avere compagni di viaggio.
Qui terminiamo con il testo di Lewis. Che ne dici? Tu hai avuto esperienza di questo genere di amicizia? Credi di poter dire di possedere e avere gli occhi rivolti a questo stupendo valore?
Ti è piaciuto aprire e scoprire insieme questo primo scrigno? Vuoi collaborare con il progetto Scrigni di valori per diffondere una corrente positiva di valori attraverso i libri? Allora leggi la presentazione di Scrigni di valori qui.
In questo tipo di affetto - come disse Emerson - "Mi vuoi bene?" significa "Vedi la stessa verità?" o, per lo meno, hai a cuore la stessa verità? Chi concorda con noi sul fatto che una certa questione, dagli altri considerata secondaria, è invece della massima importanza, potrà essere nostro amico. Non è necessario, invece, che egli sia d'accordo sulla risposta da dare al problema.
Noterete, dunque, come l'amicizia ripeta, a un livello più personale e meno condizionato dal punto di vista sociale, i caratteri di quel cameratismo che era stato la sua matrice. Quel rapporto cameratesco legava persone che facevano qualcosa insieme: cacciare, studiare, dipingere, o qualunque altra attività. Anche gli amici fanno qualcosa insieme, ma si tratta di qualcosa di più intimo, di meno facilmente definibile, condiviso da meno persone: si tratterà sempre di cacciatori, ma di una selvaggina incorporea; sempre di collaboratori, ma in un lavoro di cui il mondo non coglie, o ancora non coglie, l'importanza; sempre di compagni di viaggio, ma di un genere di viaggio diverso. Per questo ci figuriamo gli innamorati faccia a faccia, ma gli amici fianco a fianco; i loro occhi sono rivolti in avanti.
Ecco perché quei patetici personaggi sempre "a caccia di amici" non riescono mai a trovarne. Si può arrivare ad avere degli amici soltanto a patto che si desideri qualcos'altro, oltre agli amici. Se la risposta sincera alla domanda: "Vedi la stessa verità?" fosse: "non vedo niente e non mi interessa niente; voglio soltanto un amico", allora non potrà nascere alcuna amicizia - anche se potrà nascere affetto. Non ci sarebbe niente per cui essere amici, e l'amicizia deve avere un oggetto, fosse anche solo una passione per il domino o per i topolini bianchi. Chi non possiede nulla non può dividere nulla; chi non sta andando da nessuna parte non può avere compagni di viaggio.
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Qui terminiamo con il testo di Lewis. Che ne dici? Tu hai avuto esperienza di questo genere di amicizia? Credi di poter dire di possedere e avere gli occhi rivolti a questo stupendo valore?
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